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A quando risale la nascita della fotografia a colori? Fin dall’inizio della fotografia nella storia, i fotografi hanno sempre desiderato vedere le loro immagini monocromatiche diventare a colori.
Pensate che uno dei metodi più utilizzati nel 19° secolo era quello di pitturare a mano le fotografie stampate.
Prima di proseguire, se sei interessato anche a tutorial sulla fotografia, ti consiglio di partire da questo articolo: “I 5 concetti base della fotografia”.
Andiamo avanti nel nostro viaggio e partiamo dalla nascita della fotografia a colori!
Quando è nata la fotografia a colori?
La storia della fotografia a colori ha inizio oltre un secolo fa anche se poi la sua diffusione è avvenuta negli ultimi 40 anni del 1900.
La data dell’invenzione della fotografia a colori nella storia è stata molto discussa: Levi Hill, pastore battista americano, infatti, rivendicava di essere l’inventore della fotografia a colori avendo inventato il primo metodo per fotografare a colori già nel 1851.
Il processo ideato da Levi Hill fu denominato dal suo creatore “Heliochromy” anche se le lastre create con questo metodo diventano comunemente note come “Hillotypes”.
Altri considerano come primo prototipo della storia della fotografia a colori la raffigurazione di un nastro scozzese scattata circa una decina di anni dopo.
Thomas Sutton, che è l’inventore della fotocamera reflex a obiettivo singolo, ha realizzato questo scatto utilizzando un metodo di colore additivo inventato dal fisico matematico scozzese James Clerk Maxwell.
Nello stesso periodo l’inventore Louis Arthur Ducos du Hauron stava formulando una tecnica simile, basata sulla teoria dei tre colori che rimane tuttora al centro della stampa della fotografia a colori.
Il suo metodo prevedeva filtri di vetro ricoperti di granelli tinti di fecola di patate ed è diventato la base per tutti gli sviluppi successivi, tra cui il metodo dell’Autochrome, inventato nel 1907 dai fratelli francesi Auguste e Louis Lumière.
I fratelli Lumière, inventori del Cinematografo, hanno ideato il metodo Autochrome che ha consentito l’acquisizione di immagini a colori con un realismo che ha superato quello dei suoi predecessori imponendosi subito come il metodo principale per la fotografia a colori.
Il metodo Autochrome, però, era lento e ingombrante e richiedeva lunghe esposizioni che rendevano impossibile l’acquisizione di immagini in movimento.
La rivoluzione di Kodak
Nel 1936, Kodak ha rivoluzionato la fotografia a colori con l’uscita del loro ormai leggendario Kodachrome.
Kodachrome è una pellicola a inversione di colore e ha permesso ai fotografi di iniziare a catturare immagini altamente dettagliate con una cromaticità piena ed espressiva, rendendola estremamente popolare tra i fotografi commerciali nella seconda metà del ventesimo secolo.
Come ha reagito il fotogiornalismo alla fotografia a colori?
Il fotogiornalismo, però, continuò in gran parte a rifiutare il fascino delle immagini a colori, considerandolo troppo appariscente e privo di autenticità espressiva.
L’unica eccezione fu l’austriaco Ernst Haas, un fotografo austriaco nato a Vienna nel 1921. Ernst Haas fu in prima linea nel primo movimento del colore e contribuì a gettare le basi per coloro che lo seguirono.
Nel 1951 si trasferisce negli Stati Uniti ed inizia a sperimentare l’utilizzo del colore grazie proprio alle pellicole Kodachrome.
Haas si affermò presto come uno dei più grandi fotografi a colori degli anni ‘50.
Haas fu fotografo dai molti talenti e il suo lavoro ha attraversato la pubblicità (ricordiamo che è stato il primo a fotografare “Marlboro Man”) e il fotogiornalismo.
L’uso più profondo e significativo del colore lo ha comunque raggiunto nella sua fotografia di strada.
“Images of a Magic City”, una serie di foto a colori di New York, è un ottimo esempio del suo virtuosismo. Il suo uso di angoli insoliti, tempi di posa lenti e l’uso dei riflessi, danno un ritratto parzialmente astratto della città.
Un altro importante fotografo a colori dei primi anni ‘50 fu Saul Leiter, contemporaneo di Haas, i cui ritratti delle strade che circondano la sua casa di Manhattan negli anni ’50 e ’60 sono davvero straordinari ed esemplificano l’approccio artistico per il quale in seguito divenne famoso.
Saul Leiter possedeva l’occhio di un pittore per il colore e, come Haas, flirtava con l’astratto, usando angoli, compressione e, spesso, scattando attraverso finestre le cui superfici erano macchiate da vapore, pioggia o riflessi.
William Eggleston, considerato la figura più importante della fotografia a colori, è indicato come il padre di quello che oggi è noto come il movimento del colore americano.
I suoi contributi all’accettazione di questo stile sono stati davvero importanti anche se, senza il suo amico William Christenberry, meno noto, la storia sarebbe probabilmente stata molto diversa.
Dalla metà degli anni ’50, infatti, Christenberry ha utilizzato la sua macchina fotografica Kodak Brownie box per catturare immagini vernacolari e spesso inquietanti dei paesaggi e delle strutture fatiscenti dell’Alabama-
All’inizio degli anni ’60 Christenberry incontrò Eggleston e diventarono subito amici e colleghi.
Prima che si incontrassero, Eggleston lavorava esclusivamente in bianco e nero ma verso la metà degli anni ’60, e soprattutto a causa dell’influenza di Christenberry, iniziò a sperimentare con il colore: una decisione che avrebbe cambiato la fotografia per sempre.
William Eggleston possedeva la straordinaria capacità di trasformare soggetti apparentemente banali – come un tavolo vuoto in una tavola calda, una bicicletta arrugginita abbandonata su un marciapiede – in istantanee incantevoli e, a volte surreali, della vita suburbana in rapida modernizzazione nel profondo sud degli Stati Uniti.
All’inizio degli anni ’70 iniziò a sperimentare la stampa a trasferimento di colore, un processo che consentiva al fotografo di controllare la luminosità del colore.
Questo processo ha permesso a Eggleston di esaltare toni già saturati che pervadevano le sue immagini, rendendole così ancora più suggestive.
La sua rappresentazione del 1973 di una lampadina solitaria contro un soffitto rosso sangue è stata la sua prima creazione utilizzando questo processo.
Si tratta senza dubbio di una delle sue fotografie più iconiche ed è permeata da un palpabile senso di presagio che incarna il suo talento fuori dal comune.
Nello stesso periodo, due fotografi dal pensiero libero stavano esplorando il colore: Stephen Shore e Joel Meyrowtiz.
Shore e Meyrowtiz, sebbene entrambi influenzati e incoraggiati da Eggleston, sono considerati a pieno titolo figure chiave nel movimento della fotografia a colori.
Stephen Shore con i suoi ritratti della vita ordinaria nell’America degli anni ’70 ha catturato lo spirito del tempo del periodo.
Joel Meyrowtiz ha catturato l’essenza in continua evoluzione di Cape Cod, in Massachusetts, in una serie di ritratti che sono stati pubblicati nel libro fotografico Cape Light nel 1979.
Cape Light è ora considerato uno dei più influenti libri fotografici del ventesimo secolo.
Un’altra figura chiave del movimento del colore americano è stata Helen Levitt: le sue dirette rappresentazioni della New York degli anni ’70, hanno catturato le difficoltà della vita quotidiana e mostrato una comprensione e una capacità di utilizzare del colore al livello dei suoi contemporanei più famosi.
All’inizio degli anni ’80 il predominio della fotografia in bianco e nero era finito e vennero alla ribalta influenti fotografi a colori, come Joel Sternfeld e Martin Parr.
Oggi la fotografia a colore è dominante e il suo innegabile potere è spiegato in modo efficace da uno dei suoi primi e migliori esponenti, Ernst Haas:
“Il colore è gioia. Non si pensa alla gioia. Ci si lascia trasportare”.
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