L’ex Manicomio di Volterra, noto anche come l’Ospedale Psichiatrico di Volterra, ha una storia ricca e complessa che si intreccia con l’evoluzione della psichiatria in Italia. Questo istituto, situato nella suggestiva cittadina toscana, ha attraversato molte fasi di sviluppo e trasformazione nel corso dei suoi anni di attività, prima di diventare ciò che è oggi: un manicomio abbandonato che racconta storie di un passato controverso. Ed è proprio di questo posto abbandonato simbolo dell’Urbex Italia che oggi vi racconterò.
Scopri altri luoghi abbandonati divisi per regione e tipologia!
La storia del manicomio di Volterra
La storia dell’ex manicomio di Volterra ha inizio alla fine del XIX secolo, quando fu costruito il primo padiglione ex-novo. Questo padiglione, inizialmente chiamato Kraff-Ebing, prese successivamente il nome dal medico Luigi Scabia, che divenne direttore dell’ospedale nel 1900. La sua direzione segnò l’inizio di una nuova era per l’istituto.
Nel corso degli anni, la struttura si espanse per accogliere un numero sempre crescente di pazienti. Questo aumento fu favorito dalla decisione di Volterra di esentare l’ospedale dalla tassa sul pane e sul sale, rendendo così il ricovero più conveniente rispetto ad altri istituti simili. L’abbassamento delle tariffe contribuì notevolmente all’afflusso di pazienti, portando la struttura a espandersi ulteriormente.
Sotto la direzione di Scabia, l’ergoterapia divenne una parte importante del trattamento dei pazienti. Questo approccio prevedeva l’impiego dei pazienti stessi come forza lavoro per la costruzione di nuovi edifici, contribuendo così all’espansione dell’ospedale. Inoltre, sotto la guida di Scabia, furono realizzate importanti infrastrutture come la rete elettrica e fognaria, che resero l’ospedale un vero e proprio villaggio autonomo, dotato di servizi essenziali come un panificio, una lavanderia e una falegnameria.
Un cambiamento significativo nel 1948
Nel 1948, con la direzione del commissario prefettizio Pintor Mameli, alcuni padiglioni del manicomio vennero destinati alla rieducazione dei minori. Questo cambiamento segnò un importante spostamento nell’approccio alla cura dei pazienti.
Negli anni successivi, prima dei turbolenti anni ’60 e ’70, si iniziò a rivedere la psichiatria e le terapie correlate in un’ottica meno basata sulla custodia e più orientata alla riabilitazione e alla sperimentazione. L’operazione “Volterra ’73” coinvolse artisti nella ricerca di nuovi approcci terapeutici, ma i risultati non furono quelli sperati.
La chiusura e la trasformazione
Con l’entrata in vigore della Legge Basaglia nel 1978, che promuoveva la chiusura dei manicomi e la riabilitazione sociale dei pazienti, l’Ospedale Psichiatrico di Volterra iniziò a dimettere i pazienti in preparazione alla chiusura. Alcuni edifici furono trasformati in case-famiglia per accogliere gli ex degenti nella loro transizione verso la vita autonoma e la riabilitazione.
Il manicomio di Volterra oggi
Oggi, quello che rimane del Manicomio di Volterra sono principalmente edifici abbandonati, fotografie sbiadite e frammenti di informazioni. Esiste anche un sito web dedicato a raccogliere storie, racconti, documenti, foto e testimonianze legate alla vicenda psichiatrica di Volterra. Questo sforzo è finalizzato a preservare la memoria di ciò che è stato, dando voce ai protagonisti di questa storia, sia ai pazienti che al personale, e contribuendo a mantenerne viva l’identità nella storia della città.
ex Manicomio Volterra dove si trova
Oggi, come detto, l’ex ospedale psichiatrico Volterra è oggi uno dei luoghi abbandonati simbolo di un passato che attraverso le testimonianze e la documentazione raccolta, continua a raccontare una storia importante e complessa.
Ecco dove si trova questo manicomio abbandonato: